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Alcune considerazioni sulla ”ricostruzione” del Tempio G di Selinunte

Cultura

Alcune considerazioni sulla ”ricostruzione” del Tempio G di Selinunte

I benpensanti, i tromboni, gli acculturati, i dotti, i sapienti, i saggi, i politicamente-corretti, i mega-dirigenti super-pagati e super-incompetenti, tutti scatenati contro la proposta di V. Sgarbi, già di V.M. Manfredi, sul tempio G, senza neanche conoscerla.

Castelvetrano deve essere, per tutti gli illuminati, soltanto negatività.

Tutti sembrano conoscere le vicende del tempio G, i passaggi storici, le conquiste, i terremoti: non è stato finito, i Selinuntini lo vedevano così e colà, il paesaggio, volete mettere il paesaggio stratificato, etc. etc. etc. … quanta conoscenza in giro!

C’è perfino un professorone universitario che è venuto da tanto lontano per spiegarci come e perché entro il secolo ci sarà un terremoto con epicentro Selinunte, anzi proprio sotto la collina orientale, anzi esattamente sotto il tempio G… quindi se si rialza qualcosa, ricade, perbacco!

Non sia mai che, nel rispetto delle norme e della cultura, si pensi un po’ all’economia del territorio; tanto i giovani possono andare tutti… all’estero.

Come è stato osservato, la stragrande maggioranza dei visitatori del parco di Selinunte vede soltanto il tempio E, altri E e poi C, ovvero i due parzialmente ricostruiti. La stessa direzione del Parco, all’aeroporto di Birgi, ha fatto installare un cartellone pubblicitario con le foto appunto di E e di C.

Ovunque, ma specialmente in un territorio come il nostro, si dovrebbe fare molta attenzione ai flussi turistici.

Inoltre, perché in Grecia si possono rialzare i templi, perché a Cirene si può fare  pure (ad opera degli italiani), perché ad Agrigento si può scavare in presenza dei visitatori e delle scolaresche e a Selinunte è tutto riservato e segreto? Perché il quartiere artigianale è stato tutto ricoperto, invece di renderlo visitabile e attirare visitatori?

Queste cose contribuiscono a spiegare perché la Sicilia tutta ha un decimo dei visitatori delle Baleari e di Malta (isole molto più piccole e decisamente meno fornite di bellezze da visitare); tutta la Sicilia soffre di queste visioni anti-economiche, ma il territorio nostro in particolare.

Il tempio G di Selinunte era stato “finito”; erano in corso le “rifiniture” nel momento  della presa da parte dei Cartaginesi; in particolare, si stavano facendo le scanalature delle colonne.

Del resto, quelli che sostengono la tesi del tempio G non finito sono gli stessi per i quali Selinunte era stata definitivamente abbandonata nel 250 e distrutta dagli stessi che la abitavano, che per anni ci hanno detto che non c’erano Romani a Selinunte e che il Gorgo Cuttone era il secondo fiume di Selinunte (fiume -in effetti torrente- che hanno deciso che si chiami Cottone, dal fenicio cothon, sconoscendo la storia dei luoghi), non capendo che il secondo era il Belìce (e che quindi sotto l’attuale Marinella ci sono vestigia). Si scordano, tra l’altro, dell’esistenza del castrum bizantino -probabilmente prima romano – e della “cappella” paleocristiana; le stesse torri seicentesche per costoro le hanno fatte gli alieni, dato che a Selinunte non c’era nessuno.

L’eventuale investimento – che deve essere fatto, per altro,  col finanziamento  di sponsors privati – porterebbe in Sicilia molti più soldi di quanti se ne andrebbero a spendere.  Infine, né Sgarbi, né Manfredi, né tanto meno il rimpianto prof. Luni (grande esperto e uomo di vera cultura) hanno proposto di ricostruire tutto il tempio G, come viene detto dai detrattori (ricordo ancora l’ignobile campagna di “Repubblica” di qualche anno fa).

Si tratterebbe di rialzare quelle colonne del peristilio che sono praticamente complete,  e che erano state individuate dal prof. Luni e dai suoi collaboratori, e una parte della cella interna.

Già questo attirerebbe migliaia di visitatori, contribuirebbe a creare molti posti di lavoro, ma contribuirebbe anche agli studi su Selinunte e forse ci darebbe la possibilità di individuare importanti reperti.

Ho letto un nuovo post dell’ennesimo saccente super esperto che sproloquia, per sentito dire, e si schiera contro “l’utopistica ricostruzione del tempio G“.

Mi pare del tutto inaccettabile la posizione dei contrari a priori alle ricostruzioni a Selinunte, scelto come luogo delle rovine, ricostruzioni che altrove si fanno; si comportano come quelli che, avendo molte proprietà, dicono: qua costruisco, qua ristrutturo, qua lascio il giardino.  Ogni luogo ha una storia a sé, e le considerazioni devono tener conto delle singole realtà.

Oltretutto, dimostrano di non sapere niente del tempio G, della sua situazione, della sua storia, del “fusu di la vecchia” ristrutturato dal Villareale.

Ribadisco, comunque, che il progetto è relativo alla anastilosi di alcune colonne del peristilio e di una parte della cella interna; progetto sensato e realizzabile. Chi non lo sa, dovrebbe documentarsi; chi fa finta di non saperlo, è in malafede.

Comunque, stiano tranquilli, non se ne farà niente, e Castelvetrano Selinunte rimarrà, nel suo insieme, il luogo dell’incuria e dell’abbandono.

Postilla

Stavo leggendo “Le lacrime degli eroi”, un libro di Matteo Nucci, qualificato come studioso del pensiero antico, che, come recita la IV di copertina «ci porta nel cuore dei poemi omerici spingendoci a fare i conti con noi stessi»; e, in effetti, il testo mi pareva dapprima coinvolgente. Ma, alla pag. 36, ho trovato quanto segue: «Nel maggio del 1995, scendendo da Segesta a Selinunte, mi capitò di […] sentire improvvisamente una risposta diversa. “Se questi templi sono crollati significa che non valevano nulla rispetto a quello di Segesta. In fondo si conserva solo quello che si deve conservare. Il resto sono pietre. Perché ci restano Platone e Aristotele mentre si è perso tutto di Antistene?”».

Ovviamente, mi ha toccato anche perché si parla di Selinunte, ma, in generale, mi pare un discorso di una stupidità cosmica. Allora, tutto quello che Platone diceva agli interni era un cumulo di sciocchezze? Dato che abbiamo della “Poetica” di Aristotele la “Tragedia” e non la “Commedia”, vorrà dire che questa era una schifezza? E come la mettiamo col fatto che, dei testi che Aristotele aveva riservato al pubblico, non ci è rimasto quasi niente, mentre abbiamo i testi delle lezioni, riservate agli allievi, che sono probabilmente trascrizioni fatte dagli stessi e ritrovate fortunosamente tanti anni dopo? Aristotele allora aveva scritto delle cose inutili per gli esterni alla sua cerchia? Per altro, quando diciamo “Aristotele ha detto (o ha scritto)”, si tratta soltanto di un “modus dicendi” non necessariamente corretto. Dipende la conservazione di un’opera dall’accoglienza del pubblico e dei critici, o dalla pura casualità? Chi può dire che dei tragici greci non siano scomparse le opere migliori? Siamo sicuri che il primo filosofo sia stato Talete? Tanti altri esempi si potrebbero fare, ma, per tornare al nostro argomento, come può un intellettuale sostenere che se i templi di Selinunte sono caduti non valevano nulla? È Domineddio che ha deciso, il Fato, Zeus, o chi altri ancora, tramite i terremoti?

A questo punto, stiamo attenti ai gatti neri, portiamoci sempre un corno rosso appresso, etc. Tutto questo, in effetti, fa parte della visione di cui altrove abbiamo parlato: per tutta una serie di mega-intellettuali, Selinunte deve essere il luogo delle rovine e basta, tanto i templi in piedi si possono vedere altrove! C’è bisogno di varietà! Ragionamenti questi basati su falsi presupposti e viziati da tanti pregiudizi, ma così fanno gli intellettuali seri… Per secoli Epicuro è stato fatto passare per un “porco”, fin quando qualcuno si è messo a leggere quanto aveva lasciato; e Machiavelli che avrebbe detto: “il fine giustifica i mezzi”? Non ci raccontano che, per Omero, Achille era invulnerabile? E la dea Circe declassata a maga? E Eolo, invece promosso dio? Tutti quelli che sostengono di aver letto tutto (al massimo, “rileggono”), hanno letto ben poco e parlano spesso a vanvera.

di Giuseppe L. Bonanno


Un commento aggiuntivo

Chiedo scusa a chiunque legga questo mio umile intervento, non sono avvezzo a scrivere sui social o su mezzi similari. Credo che, leggendo e condividendo alcune espressioni del prof. Bonanno, ci si infuochi facilmente e troppo per delle mistioni di argomenti che sono si legati tra loro, ma che andrebbero elaborati e magari studiati dai vari amministratori anche con l’aiuto dei cittadini volenterosi che troppo spesso si celano nelle vesti di leoni da tastiera.

L’indotto economico che porterebbe al restauro e rialzamento di sole sei colonne del tempio G o di Zeus, dico sei come da studi effettuati dal compianto prof. Mario Luni nel 2011, proverrebbe a detta dell’assessore Vittorio Sgarbi prevalentemente da investimenti privati (vedasi tra tutti il caso del restauro del Colosseo in Roma).

Se esistono altre problematiche -ed esistono eccome- nulla hanno a che vedere col caso del rialzamento parziale del colonnato del tempio G, come lo ha proposto Sgarbi o chi per lui negli anni precedenti.

Non iniziamo quindi a fare i qualunquisti con i relativi commenti sullo speco di denaro, sui terremoti, sull’immondizia per le strade, sulla storicità delle rovine che verrebbero poi ad essere solo parzialmente modificate.

Mi permetto, sempre umilmente, di fare notare che con i soldi che verranno investiti in tale progetto lavoreranno imprese e professionisti e che successivamente, se mai andrà in porto tale progettualità, si potrebbe far lavorare anche qualche giovane del luogo (ammesso che ne siano rimasti) sia nel Parco archeologico di Selinunte o magari in altre situazioni lavorative (alberghi, B&B, accompagnatori turistici e tanto altro ancora) poiché il flusso di visitatori sicuramente aumenterà per venire ad osservare una impresa del genere.

Tra l’altro tale impresa di restauro-rialzamento potrebbe emulare quelle di altri famosissimi siti archeologici nel mondo, tra tanti mi vengono in mente in ordine cronologico:

1) Il sito archeologico di Abu Simbel in Egitto, realizzato sul fianco di una montagna per volere di Ramesse II nel XIII secolo a.C., poi tagliato, smontato e ricomposto in un sito diverso per evitare che venisse sommerso da una diga a noi contemporanea. Il tutto avvenne prodigiosamente e con effetti più che positivi tra il 1964 e il 1968, lavorarono tantissime persone e varie maestranze e il sito divenne ancora più famoso, ancora oggi meta di turisti da tutto il mondo e Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1979.

2) Il tempio del V secolo a.C. dedicato ad Atena Parthénos sull’acropoli di Atene (per intenderci il Partenone del periodo d’oro dell’Età Pericle, divenuto insieme all’acropoli Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1987). Varie modifiche e spogli dovette subire quest’opera nei secoli per opera delle varie culture succedutesi (conversione in chiesa, bombardate degli assediatori veneziani, esportazione delle stupende sculture di Fidia). Oggi tale monumento è stato parzialmente restaurato integrando addirittura marmi di antiche cave con l’uso sapiente di maestranze locali che hanno utilizzato come i loro illustri predecessori metodi manuali di intaglio e lavorazione della pietra.

Risultato: turisti a mai finire per un territorio che economicamente si trova in condizioni economiche peggiori alle nostre.

3) Il tempio khmer di Angkor Wat edificato nella prima metà del XII secolo d.C. in Cambogia, oggi Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1992. Negli anni novanta del XX secolo sono iniziati i lavori di restauro dell’immenso patrimonio di bassorilievi esterni del tempio, restauro che prosegue ancora oggi e per molti anni a venire. I restauratori e gli scalpellini locali smontano i rivestimenti esterni, blocco per blocco, li numerano, li trattano affinché non si possano disgregare per l’azione corrosiva del vento e dell’umidità, in alcuni casi li sostituiscono e li ricollocano al loro posto. Il successo di tale iniziativa viene premiato con turisti che vanno in Cambogia tutto l’anno solo per questa attrattiva (si escludono ovviamente i periodi dei monsoni).

Per concludere questo mio spropositato intervento faccio notare che i siti che vi ho qui proposto sono tutti tutelati dall’UNESCO. Magari il parziale sollevamento del tempio G di Selinunte potrebbe anche aiutarci a raggiungere l’ambito traguardo di Patrimonio dell’Umanità UNESCO per il Parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa e del Territorio selinuntino.

Angelo Curti Giardina

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