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Toccante testimonianza di don Antonio Coluccia, ieri nell’ex chiesa dell’Addolorata a Campobello

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Toccante testimonianza di don Antonio Coluccia, ieri nell’ex chiesa dell’Addolorata a Campobello

Una sala gremita di gente, ieri mattina, nell’ex chiesa dell’Addolorata, ha accolto la toccante testimonianza di don Antonio Coluccia, il giovane sacerdote originario del Salento, che ha trasformato la villa confiscata a un boss della Banda della Magliana in un centro d’accoglienza alle porte di Roma. Il convegno, intitolato “Oltre la comunità, esperienze a confronto”, è stato promosso dall’associazione “La Svolta per la Rinascita” con il patrocinio dell’Amministrazione comunale. L’incontro è stato moderato dalla dott.ssa Doriana Licata ed ha visto gli interventi della dott.ssa Valeria Grasso, delegata per i rapporti istituzionali del Ministero della Salute, del prof. Girolamo Lo Verso, docente di Psicoterapia e Psicologia del fenomeno mafioso all’Università degli Studi di Palermo, dell’arciprete don Nicola Patti, di Leo Narciso di Libera, del dr. Guido Faillace, coordinatore regionale dei SERT, del dr. Giuseppe Stallone, psichiatra e criminologo e del consigliere comunale Giovanni Palermo.
Nel corso del suo intervento, don Antonio Coluccia, più volte minacciato di morte e oggi sottoposto a provvedimento di protezione, ha raccontato la sua esperienza di vita, a partire da quando, da giovanissimo operaio di un calzaturificio decise di cambiare vita, donandosi a Dio e fondando l’Opera Don Giustino onlus, una casa di accoglienza per poveri che vivono diversi tipi di disagio, toccando vari temi sociali: dalla droga, al recupero e al reinserimento sociale, passando per la storia della banda della Magliana sino al tema della legalità e dell’importanza di utilizzare i beni confiscati alla criminalità per scopi e finalità sociali.
Argomento quest’ultimo su cui è intervenuto anche il sindaco Giuseppe Castiglione, che ha dichiarato: «Oggi abbiamo avuto l’onore di ascoltare una testimonianza molto significativa e che induce a riflettere su tantissime tematiche. Le istituzioni, in particolare, hanno il dovere di sostenere in maniera concreta tutte le iniziative, che, come quella di don Antonio Coluccia, perseguono l’importante fine della rieducazione e del reinserimento sociale. Obiettivo che acquisisce ancora più valore quando, come in questo caso, si coniuga con un efficace riutilizzo dei beni sottratti alla mafia e, più in generale, a qualsiasi forma di criminalità».

[Comunicato Stampa del 25/09/2017]

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