Terremoto nel Belice, perché raccontarlo ancora
Pubblichiamo in occasione dell’anniversario dei 50 anni del terremoto che colpì il Belice nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, un articolo scritto da Anna Ditta:
“Sono nata nel 1991 in un paese della Valle del Belice, e precisamente a Castelvetrano, il comune in cui il fiume Belice raggiunge il mare. Del terremoto del 1968 ho sentito parlare solo qualche volta, nei racconti di famiglia. Genitori, nonni e zii mi hanno descritto cosa stavano facendo in quel momento, dove si trovavano, e come cambiarono le loro vite dopo il sisma. Come me, anche la maggior parte dei miei coetanei belicini può contare su questo tipo di memoria storica, che è preziosissima, ma intima, privata.
Il terremoto nel Belice, però, come tutte le catastrofi naturali, non è stato un avvenimento privato. È stato un fatto pubblico, che ha influito sulla storia di tutti i centri colpiti. La ricorrenza del cinquantesimo anniversario dal sisma è un’occasione unica per riguadagnare la dimensione pubblica di questo fatto storico. Solo così chi non ne ha memoria può scoprire come sono andate le cose e perché, mentre chi lo ha vissuto in prima persona può avere l’occasione di guardarlo con una nuova luce.
A questa considerazione se ne aggiunge un’altra, secondo me ancora più importante: il terremoto del 15 gennaio 1968 nel Belice è stato unico e irripetibile per molte ragioni diverse, spesso ignorate dai miei coetanei e non solo. Eccone alcune:
- il ’68 è stato l’anno delle proteste dei movimenti studenteschi e delle lotte per i diritti civili. Chi pensa che la storia del Belice non sia stata influenzata da questo si sbaglia;
- il terremoto ha colpito una zona dove già si moriva di fame o di lupara, con un grado di alfabetizzazione molto basso e un tasso di emigrazione abbastanza alto. Questo, ovviamente, non ha semplificato le cose;
- quella del Belice è stata la prima catastrofe naturale dell’Italia repubblicana, che si è fatta cogliere del tutto impreparata. Basti pensare che all’epoca non esisteva neanche la protezione civile. Per questo, potremmo dire che la Valle del Belice ha fatto da cavia. È diventata un campo di sperimentazione per tutti i terremoti e le catastrofi successive. Alcuni errori commessi dalle autorità nel Belice sono stati ripetuti, altri invece no. Cinquant’anni sono un tempo sufficiente per guardarsi indietro e capire cosa è andato storto;
- la storia del Belice non è fatta solo di distruzione, morti e speculazione nella ricostruzione. È fatta anche di proteste e lotte da parte dei suoi abitanti, che hanno dovuto e saputo organizzarsi, e talvolta hanno anche ottenuto ciò che chiedevano a gran voce;
- infine, le vicende del terremoto si intrecciano alle storie di personaggi importanti per il territorio, che hanno lasciato segni – positivi o negativi, talvolta entrambi – nella Valle del Belice. Conoscerli è fondamentale per comprendere come le scelte fatte hanno influenzato il Belice di oggi.
Per tutte queste ragioni, raccontare il Belice (di ieri e di oggi) è importante. Qui provo a farlo con semplicità e accuratezza. Chi volesse, può accompagnarmi continuando a seguire questo blog, che sarà aggiornato non solo oggi, ma per tutto il 2018.”
di Anna Ditta
per belice1968-2018.com